PASTA CHE' PADDUNEDDA

Dame e Cavalieri di CONTI IN CUCINA, Sabbinirica,

La luce del mattino non aveva ancora fatto il suo ingresso in quella casa, camera da letto e cucina in un unico vano, e già ronna Maria aveva iniziato a lavorare acqua e farina nella sua maida, mesta preparava
un pasto che non era destinato ad essere consumato dalla sua famiglia , ma alla casa con la porta tinta di nero dove un uomo vestito col suo ‘savanu’ non udiva più i lamenti e i ‘vuci’ della moglie.
Ronna Maria aveva svegliato la notte per vincere le altre donne che quel giorno avrebbero fatto lo stesso per assolvere l’UOBBLIGU, quella obbligazione naturale che consisteva nel riscattare un favore ricevuto, una fatica risparmiata o per ricambiare lo stesso servigio.
All’alba anche Carmela, la figlia più grande di ronna Maria, era già sveglia ed era scesa dal soppalco (‘taulatu’)  dove aveva lasciato i fratelli più piccoli dormire per aiutare la madre. U cunsulu che stavano preparando doveva essere un pasto leggero, ma nutriente, sostanzioso ma non asciutto, altrimenti la collera non l’avrebbe mandato giù.
Ronna Maria aveva messo sopra la ‘tannura’ u ‘cavaruni’, pentolone che avrebbe contenuto acqua, verdure per il brodo, la carne e al termine della cottura i ‘paddunedda’ (polpettine di carne) e la pasta. L’odore del brodo metteva in trepida attesa anche il resto dei figli che sarebbero rimasti insoddisfatti.
Il momento per buttare la pasta non dovette nemmeno essere annunciato da Don Giuvanninu, il marito di ronna Maria, che l’avrebbe avvisata non appena Mastro Pippinu portato in spalla da vecchi amici sarebbe uscito per l’ultima volta da casa sua. Bastarono i lamenti che si trasformarono in urla e richiami a cui nessuno avrebbe risposto a fare capire a ronna Maria che era il momento. Appena la ‘pasta che paddunedda’ fu pronta, nessuno potè assaggiarla, ronna Maria prese il pentolone, dietro di lei Carmela portava i piatti più belli che avevano e si avviarono verso la casa colpita dall’evento luttuoso e dal disordine che si usava mettere nelle case svuotando casse e cassettoni per mostrare il disastro che aveva causato la sventura avvenuta.
Ciò che era rimasto, ciò che non fu mangiato poteva adesso essere consumato da Carmela e dagli altri fratelli che tanto avevano desiderato questa ‘pasta che paddunedda’; ma sembrava che quei piatti e quella pentola avessero assorbito il fumo delle candele e l’odore nauseante dei fiori che marciscono, pareva che quella pasta sapesse di morto e ciò che tanto era sembrato appetibile non lo era più.  

Ora travagghiamu! eccovi di seguito la ricetta completa:


Ingredienti:



Pasta:
  • 500 g di farina di grano duro
  • 5 uova
  • ½ cucchiaino di sale (facoltativo)
Paddunedda:
  • 350 g di carne tritata di vitello
  • 1 uovo
  • 50 g di Ragusano DOP grattugiato
  • Prezzemolo tritato
  • sale q.b.
Brodo:
  • 1 kg di carne bovina per bollito
  • 2 carote
  • 1 cipolla
  • Sedano
  • 50 g di Ragusano DOP in unico pezzo (per insaporire)
  • Sale
  • Pepe

Preparazione:



1.Preparate il brodo (cottura a fuoco basso per circa 3 h).



2. Disponete a fontana la farina, unite le uova e il sale.

Farina e uova




3. Impastate gli ingredienti fino ad ottenere un composto liscio.

Impasto


4. Tirate la sfoglia molto sottile (< 1 mm).

Sfoglia



5. Tagliate la sfoglia a strisce della larghezza di circa 6-7 cm.
 
Strisce di pasta
 

6. Sovrapponete le strisce e tagliatele formando i tagliolini.


7. Lasciate riposare la pasta.
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Pasta lasciata riposare


8. Impastate adesso la carne tritata con il prezzemolo, l'uovo,il Ragusano DOP ed il sale.


Carne pronta per l'impasto

9. Formate delle piccole palline di carne ( "paddunedda" ) di circa 2 cm di diametro.


Paddunedda



10. Dopo aver filtrato il brodo portatelo ad ebollizione.




11. Fate cuocere quindi "i paddunedda" nel brodo per qualche minuto.




12.  Aggiungete la pasta e terminate la cottura.

A pasta che paddunedda


Buon divertimento, Buon appetito, Mangiamu e Salutamu